Il Gongfu, i Taolu e la Musica

Posted by on Ago 31, 2018 in ARTICOLI | No Comments
Il Gongfu, i Taolu e la Musica

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“Quanti taolu ci sono nel tuo Baguazhang?”

Questa domanda mi è stata rivolta con cadenza semestrale dalla stessa persona per circa tre anni; non contento della risposta riprovava fiducioso dopo qualche mese nella speranza che fosse cambiato qualcosa per poter studiare con me. Inutile dire che la mia risposta era volutamente perentoria e drastica: “nessuno”.

Dalla personale prospettiva di un praticante di stili del Nord della Cina, e in particolare dello Hebei, i taolu (套路) rappresentano forse la prima degenerazione del Wushu tradizionale; impropriamente tradotto anche con il termine “forma”, sono set, routine, sequenze prestabilite di movimenti a solo, e dagli albori del Kungfu italico – occidentale in genere – post Bruce Lee degli anni ‘80 in poi hanno rappresentato la misura della conoscenza del praticante e il metodo di trasmissione delle arti marziali cinesi, forgiato corpi e purtroppo anche menti di tanti sinceri appassionati.

Questo metodo non proprio ortodosso di trasmissione del Wushu probabilmente nacque e si diffuse durante i primi decenni del ‘900 grazie a istituzioni come l’Istituto Centrale di Guoshu di Nanchino e l’Associazione Atletica Jingwumen di Shanghai, le quali riuniti Maestri degli stili più disparati insegnavano secondo un curriculum di studi molto vasto; ora sebbene praticamente ogni Maestro di Wushu conosca in genere due stili, studiarne addirittura cinque o sei significa avere una conoscenza enciclopedica ma superficiale, informativa ma molto poco formativa, come recita un detto del wushu infatti “l’abilità non si ottiene col praticare molte cose, ma col praticare a fondo” (功夫不在多在熟 – gōngfu bú zài duō zài shú).

Per poter comprendere meglio quanto sia sbagliato questo metodo farò un parallelo con la musica; in particolare paragoniamo i taolu del Wushu con dei brani musicali incisi, delle sequenze di note e pause fisse… quanti seriamente interessati ad imparare a suonare uno strumento si porrebbero come obiettivo quello di imparare a suonare alcuni pezzi specifici? Quanti imparando solo quei brani riuscirebbero poi a suonare altro? Si potrebbe forse dopo tante ore di pratica riuscire a suonare qualche semplice brano in maniera decente, ma il punto è proprio questo: ci interessa strimpellare, suonare qualche pezzo per fare colpo su una ragazza intorno ad un falò in spiaggia, o ci interessa profondamente la musica, saper suonare veramente?

Forse un Maestro serio di musica comincerebbe ad insegnare come impostare le mani e il corpo in relazione allo strumento che si è scelto, poi insegnerebbe magari anche solfeggio a voce per note e pause, parallelamente farebbe praticare esercizi tecnici per familiarizzare con lo strumento; lo step successivo sarebbero esercizi più complessi di solfeggio, scale, pattern e così via. Solo dopo questo studio iniziale l’insegnante potrebbe scegliere alcuni brani per illustrare come armonia e ritmo possono essere applicati, per suscitare quali emozioni, magari di un genere specifico, e per dare all’allievo la possibilità di esercitarsi con altri musicisti.

Allo stesso modo nel Wushu i zhuāng (posture) di base costituiscono il primo necessario approccio per impostare il corpo, successivamente dàn cāo (tecniche singole) e loro combinazioni  paragonabili al solfeggio, alle scale e ai pattern ci forniscono gli elementi di base e ci insegnano come armonizzarli; così come in qualsiasi arte e mestiere i fondamentali costituiscono appunto le “fondamenta”, una base solida da costruire e mantenere sulla quale edificare la propria pratica. Solo la loro pratica inoltre porta con sè quel carico culturale e medico-energetico proprio dell’arte marziale cinese: “allena la tecnica senza allenarti a livello profondo, e quando sarai vecchio avrai un bel niente” (练拳不练功到老一场空 – liàn quán bù liàn gōng, dào lǎo yī chǎng kōng).

L’arte marziale non ci pone davanti la libertà di suonare la nostra musica a solo, si tratta piuttosto di un duetto, e per di più non con un “compagno di band” con il quale si è provato per ore in sala; mi piace invece paragonare un combattimento reale ad una improvvisazione jazz, dove due musicisti che magari si ritrovano in una jam session per la prima volta si “affrontano” su uno standard, un’armonia di base, alternandosi e rispondendo l’uno agli stimoli dell’altro. Avete mai visto un musicista jazz suonare lo stesso pezzo in maniera identica ad ogni concerto, anche a distanza di una serata? Lo scopo dell’allenamento non dovrebbe essere quello di allenare il corpo a questa libertà assoluta, in modo che sia pronto a rispondere a stimoli imprevedibili, ovvero agli attacchi del nostro avversario? 

Questa libertà si raggiunge solamente sviluppando una simbiosi con lo strumento, nel nostro caso il corpo; come un musicista jazz riesce a tramutare istantaneamente in note un’idea, così  un praticante di wushu dovrebbe essere capace di esprimere in movimenti la propria volontà marziale, che sia attacco o difesa. 

Avete mai chiesto ad un musicista quante ore pratica al giorno? Il mio Maestro di basso elettrico tra pratica personale ed insegnamento ne passava circa dieci al giorno sullo strumento (realizzato questo ho regalato il mio basso ad un amico, nonostante riuscissi a suonicchiare abbastanza bene). Vi siete mai chiesti perchè altre discipline da combattimento, come il pugilato, la lotta, sistemi di difesa personale non abbiano taolu, vista la loro presunta efficacia didattica, ma invece facciano buttare sangue su sviluppo di capacità condizionali e motorie, su fondamentali e pratica a coppia?

Nel Baguazhang della linea Liang esistono tre taolu di base, che in realtà non sono taolu. Ben lontani dal concetto illustrato finora, sono semplici sequenze di fondamentali che devono essere apprese in una maniera prestabilita, ma che possono poi essere praticati in maniera libera: “studia in maniera prestabilita, applica in maniera caotica” (正学乱使 – zhèng xué luàn shǐ), questo indica una pratica adattabile, modificabile, improvvisabile, in poche parole… viva.

Ricordo esattamente quando ho potuto realizzare la validità e veridicità di quello che stavo allenando; durante un periodo di molti mesi, a causa del poco tempo a disposizione, ho potuto allenare solo i fondamentali. Dopo questi mesi ricominciando ad allenare i taolu avevo la sensazione di sbagliare qualcosa nonostante le tecniche fluissero l’una nell’altra: avendo dimenticato l’esatta sequenza avevo naturalmente mescolato tecniche dei diversi taolu, cambiando lati e angoli, e sorpresa sorpresa… il tutto funzionava!

Molti insegnanti di wushu hanno imparato attraverso i taolu perchè si sono trovati costretti ad essere dei villeggianti, dei vacanzieri delle arti marziali in mete anglofone simili a centri commerciali del kungfu; potendo studiare solo per poche settimane di ferie all’anno, un tempo assolutamente inadeguato per poter soltanto capire come impostare il proprio corpo, e spesso cambiando maestro ogni volta, ecco che l’unica cosa che potevano apprendere rapidamente e male erano delle sequenze di movimenti, continuando però a praticarle con lo stesso corpo di sempre. E qui un grande demerito è imputabile a quei maestri orientali che si sono prestati a mercificare e umiliare la proprio arte, e che hanno illuso generazioni di praticanti, tanto che oggi a cercare di trasmettere il wushu secondo criteri più autentici si viene ignorati se non derisi. 

In occidente alcuni insegnanti infatti, sulla base di quello che avevano appreso e di come lo avevano appreso, hanno ideato programmi didattici multistile con decine di taolu per “allungare il brodo”, basandoli sulla quantità anzichè sulla qualità. Molto più divertente studiare continuamente cose nuove, e molto più soddisfacente per l’ego poter dire di conoscerne tante. 

Questo tipo di wushu è stato chiamato a torto tradizionale semplicemente per distinguerlo dal moderno wushu da competizione; in Cina spesso ci si riferisce ad esso col nome dispregiativo di taoluquan (pugilato di routine), e si pone come un ibrido estetico tra il vero tradizionale e il moderno.

Personalmente ritengo più dignitoso il wushu dimostrativo e le discipline da combattimento come il sanda; sebbene ugualmente carenti del lato culturale profondo che solo la pratica del metodo tradizionale può offrire, in quanto discipline sportive sono più scientificamente valide nello sviluppare capacità motorie e condizionali. Volendo parafrasare il maestro Miyagi di Karate Kid: 

“Camminare su un lato di strada è bene, camminare su altro lato di strada è bene; studiare wushu tradizionale è bene, studiare wushu moderno è bene, studiare taoluquan è male come camminare in mezzo a strada: si viene schiacciati come grappolo d’uva.”

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